“ Ho sperato, ho pregato che il tuo cuore fuggisse per me, che soffrisse per me. Ho implorato Dio che ti portasse tra le mie braccia, che ti guidasse da me o in qualsiasi altro posto in questo castello che avrebbe potuto parlare di noi... perché, mi sono detto, avrebbe voluto dire che, in fondo, non era tutto perduto e che tu mi appartenevi ancora. Che sapessi di essere mia come io so di essere tuo. "
Qualcuno le aveva detto che il primo amore non si scorda mai. Con disattenzione aveva annuito a quelle parole, sapendo che, così come per il re di Francia e la regina di Scozia non c’era tregua, neppure per lei ci sarebbe potuto essere un privilegio come quello. L’amore.

Eppure ora lo sapeva: l’amore non era un privilegio, non era affatto un beneficio, la salvezza da quel mondo oscuro e crudele. No. L’amore era una terribile condanna, una pena straziante, un dolore continuo e perenne, una guerra che non risparmiava nessuno. Neppure lei, che tante volte lo aveva respinto, cacciato come quell’intruso che era. Neppure lei si sarebbe salvata, perché solo lui avrebbe dato sollievo al suo cuore ormai ferito. Solo lui poteva alleviare quel dolore, placare quella lotta, facendola sentire completa come mai prima di allora. Lo sapeva e non voleva più combatterlo, non aveva più la forza di farlo. Era stanca, stanca di combattere. Stanca di fuggire.