La prima puntata del Festival di Sanremo 2015 di Carlo Conti ha accontentato i fan di Al Bano e Romina, di Tiziano Ferro e degli Imagine Dragons. Tutto il resto è... Contabilità!
La Classifica della prima puntata di Sanremo vede tra i primi sei Dear Jack, Malika, Chiara, Nesli, Annalisa e Nek. A rischio eliminazione Lara Fabian, Grazia Di Michele e Mauro Coruzzi, Gianluca Grignani e Alex Britti.
La recensione della prima puntata di Sanremo 2015
Il ragioniere Conti ha colpito ancora una volta. La prima puntata del Festival di Sanremo è la migliore dichiarazione dei redditi della sua storia. Non una perturbazione come da previsioni, zero problemi tecnici, una gestione maniacalmente perfetta di ogni spazio che non ha lasciato spazio alla benché minima improvvisazione. Una menzione d’onore che, però, fa a pugni con l’emozione.
Conti non ha condiviso con noi il benché minimo sussulto umano di un grande debutto, si è messo al servizio della professionalità più robotica, quella di Mike Bongiorno. E sta conducendo il Sanremo che esattamente ci si aspettava da lui, una versione ad alto budget dei Migliori anni.
Così la vera centralità della musica è quella dell’amarcord (da brividi) di Tiziano Ferro e dell’effetto reunion di Al Bano e Romina, con il grande remake di Felicità servito sul piatto d’argento. Ma un piatto che fa venir l’amore in bocca, che suona figlio del cachet a cui non poter dire di no, di una svolta new age che per Romina ha fatto il suo tempo e che la costringe al tinello in tempi di crisi. Ben più sincero Al Bano nel ricordarle, tra un finto entusiasmo nostalgico e l’altro, che fino a poco tempo fa "gliele cantava in tribunale".
Tutto il resto è una scaletta ai limiti della desolazione intellettuale, che rifugge dalla chiave alta perché è il conduttore stesso che probabilmente non ci arriva (da uno che il tempo libero lo passa con Panariello e Pieraccioni che ti aspetti). Per il resto si dà una patina di impegno per il sociale, ma l’eroe dell’ebola viene intervistato in maniera talmente stringata e decontestualizzata da sembrare una tassa da pagare.
E’ un Festival che anche quando insegue la retorica - citofonare Siani - indulge in una comicità da cinepanettone, che fa la forte con i deboli e la debole con i forti. Per non parlare del momento famiglia allargata preso in prestito da Barbara D’Urso, come del resto una regia degna di un programma per casalinghe.
Tutti cantano Sanremo, nell’edizione più fatta in casa che ci sia. E che andrà bene pur facendosi odiare dai giornalisti, lasciati a digiuno di polemiche e contenuti (come nell’anno di Antonella Clerici).
La vera emergenza in corso da risolvere è quella di una balbettante Emma Marrone, talmente terrorizzata da passare in un attimo da "camionista con la cazzimma" ad estetista della provincia accanto. Lasciate che si diverta sul palco con la borderline Arisa (hanno duettato insieme da Dio) e liberatela dei complessi per il sopravvalutatissimo glamour di Rocio (che a diventare famose in una fiction di Terence Hill, grazie a Raoul Bova, son brave tutte).
Per il resto, va detto, Conti le reprime tutte come nella più vetusta tradizione baudiana... E poteva risparmiarsi il momento Vieni via con me finale: se dai la tua Eredità a Frizzi, non puoi riceverla come se niente fosse da Fazio.